25 luglio, un inizio storico

Scritto il 25/07/2025
da Giordano Cotichelli


Non è facile scrivere. E scrivere poi per fare giornalismo in questo nostro oggi distopico.

Le penne, quelle valide, non sono tantissime e, in buona percentuale, si prestano più di buon grado a rendere servigi ben pagati ai signori del Palazzo che a parlare dei problemi della società. Pochi i giornalisti rimasti a difendere il diritto e la libertà di cronaca, la ricerca della verità e la forza dei fatti.

In troppi vengono ammazzati (professionalmente) a suon di mancette e prebende; sempre dai signori dei citati palazzi del potere. E, quelli che non si piegano, rischiano di essere ammazzati e basta, sacrificati sull’altare del profitto, della disinformazione, delle menzogne di Stato utili a legittimare il malaffare e la corruzione, l’amichettismo e il familismo. Ma soprattutto stritolati da una delle tante guerre che insanguinano il presente dove, va ricordato, la Palestina – Gaza – detiene un orribile record di sangue che difficilmente (auguriamocelo) potrà essere superato in futuro.

Media, potere e realtà rovesciata

Non è facile scrivere in generale. Alla narrazione di numeri e avvenimenti si contrappone sempre più l’uso delinquenziale e dittatoriale dei media che rovescia la realtà, quando non la nega addirittura.

C’è poi un’assuefazione alle cifre che ci vede detentori di una ragione che non riesce più ad essere… razionale, intossicata da una classe al potere che non si piega dinnanzi a nessuna prova provata dei drammi presenti e prossimi.

E, al pari dei numeri delle evidenze, svaniscono anche le opinioni, perse in personalismi depistanti che si soffermano più sulle vene varicose di un presidente stupratore che non sul fatto che questi sia, alla conta dei fatti, semplicemente un pregiudicato il cui agire serve unicamente per farlo arricchire e far arricchire gli amici della sua cricca.

Appare quindi effimera la forza di quegli editoriali che molto spesso veicolano posizioni da tifoseria, sacrificando opinioni e argomentazioni sull’altare della polarizzazione delle affiliazioni a scapito della diffusione del sapere, della presa di coscienza, dell’adesione empatica e progettuale a un’idea di vita, di un sentire comune che guardi allo sviluppo e al progresso di tutti, e non alla diffusione di cattiveria, rancore e stupidità.

Perché scrivere (e per chi)

Insomma: non è facile scrivere. Ma bisogna farlo, con il cuore (la passione), con la mano (i fatti) e con la testa (le idee).

Bisogna dare voce a chi voce non ha, restituire verità e dignità, orgoglio e amore a chi non ha più nulla.

Sì, scrivere, per gridare forte che ogni nuova vittima di una guerra, di un genocidio, di uno stupro o di un infortunio sul lavoro non è un numero che deve portare alla rassegnazione, ma deve rafforzare l’idea che le “cose” così come stanno devono essere cambiate. Devono! Prima che sia troppo tardi.

Prima che l’ambiente devastato si rivolti definitivamente contro l’era violenta dell’antropocene. Prima che l’odio seminato dalle armi e dalle bugie attecchisca generando nuovo odio. Nuove morti.

Scrivere per pensare e ricordare

Scrivere ti costringe a pensare, riordinare le idee, arricchirle, rinnovarle e approfondirle. Ma soprattutto a verificarle, per capire se hanno un senso o se non sono altro che un cianciare utile alla diffusione di un analfabetismo funzionale, molto presente in questa nostra italica patria.

Scrivere per non dimenticare e per sognare, per illudersi e per progettare, per essere messi in discussione e confrontarsi con gli altri. Tutti quegli altri diversi da noi di cui è fatta l’umanità e questo mondo.

E scrivere poi anche per non perdere tempo in chiacchiere da bar! Per non incarognirsi a parlare con gli stupidi e i malvagi di sempre, che non sentono ragioni, che non vogliono ragioni, ma difendono solo i privilegi per pochi (elemosinandone un po’ per sé stessi) e fregandosene delle disuguaglianze in cui tutti gli altri sono costretti a vivere.

Memoria, storia e responsabilità

Scrivere e leggere, certamente, per avere memoria della storia e contezza dei fatti, consapevoli che un missile non sarà mai intelligente, ma semplicemente assassino. Come chi lo lancia.

Certi che quando si parla di “errore tecnico” nel bombardare una scuola è, forse, perché chi lo ha ordinato e chi lo ha eseguito magari avrebbe voluto distruggerne due, di scuole.

In questo nuovo spazio di idee si cercherà dunque di raccontare e argomentare, valutare e pesare al meglio, a partire da questo inizio che cade il 25 luglio, data che va ricordata nel suo pieno valore storico, per chi lo conosce e per chi dovrebbe conoscerlo.

25 luglio 1943: la caduta del fascismo

Nella notte fra il 24 e il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo esautorava la sua guida suprema, Benito Mussolini, decretando la fine del Ventennio fascista.

Da lì in poi prese il via la tragica e criminale esperienza della Repubblica sociale italiana, con il presidente Mussolini a capo di uno Stato fantoccio della Germania nazista.

Nei fatti fu un colpo di Stato della monarchia sabauda: il terzo in poco più di un quarantennio di regno di Vittorio Emanuele III, il quale riuscì a portare l’Italia dentro ben due guerre mondiali, esautorando prima il Parlamento, per chiamare poi i fascisti a difendere la corona – e gli interessi dei potenti – e cacciarli infine quando non servivano più.

Dall'allora all'oggi

Oggi è un altro tempo, anche se questa Seconda Repubblica – nata con il Berlusconismo, più vivo che mai – assomiglia sempre più a una democratura magiara che non a una moderna ed egualitaria democrazia.

Oggi i tempi sono diversi, anche se l’aumento delle spese militari e i tagli alle politiche sociali hanno trasformato questa società – quella italiana e quella occidentale – in un evo dominato dal war-fare state e non più dalla speranza di giustizia sociale del welfare state.

Zirlo. Continuare a dire, continuare a scrivere

Insomma, cose già dette. Cose già scritte. Cose che si continuerà a dire e a scrivere, per permettere a tutti di leggere e di pensare a un presente migliore e più giusto, di essere il meno possibile in balia di ogni sorta di intrigo di Palazzo e anche di poter fare il verso – lo zirlo – ai potenti di ogni tipo.