Elisa: il cinema come specchio del delitto
Elisa, diretto da Leonardo Di Costanzo e presentato alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia di una donna detenuta in un carcere modello svizzero, colpevole di aver ucciso la sorella. Interpretata da Barbara Ronchi, affiancata da Roschdy Zem nei panni del criminologo Prof. Alaoui, Elisa diventa il centro di una narrazione che alterna rancore, alienazione, condanna e tentativi di redenzione.
Il film conduce lo spettatore nel cuore dell’omicidio domestico, tra relazioni familiari oppressive e potere paterno, senza mai cedere alla spettacolarizzazione. Di Costanzo porta lo spettatore sull’orlo dell’abisso, trattenendolo dalla caduta nel vortice della vendetta. Una lezione di civiltà e diritto che contrasta con logiche di rappresaglia e condanne disumane.
Charlie Kirk: un omicidio politico e mediatico
L’assassinio del trentunenne attivista di estrema destra Charlie Kirk è stato immediatamente definito un omicidio politico. Ma, più che rivendicazioni organizzate, emerge la figura di un presunto “lupo solitario”: il ventiduenne Tyler Robinson, cresciuto in un contesto segnato da armi e ideologie estreme. Il gesto appare come esplosione pulsionale, individualista e alienata.
Le immagini della sua morte hanno fatto il giro del mondo, alimentando subito narrazioni mediatiche e social, spesso tossiche. In Italia, anche personaggi pubblici e politici hanno contribuito a creare un discorso che ha poco a che fare con l’analisi, ma molto con la propaganda.
Narrazioni tossiche e doppi standard
La morte di Kirk ha generato un’ondata di commozione e retorica epica, spesso usata come clava politica. Un lutto amplificato da un linguaggio da caccia alle streghe, maccartismo istituzionale e desiderio di vendetta. Tuttavia, lo stesso fervore non si registra di fronte ad altre tragedie: vittime del lavoro nero, migranti, femminicidi o la bambina Hind Rajab uccisa a Gaza.
È qui che emerge il doppio standard: il dolore e la condanna non sono universali, ma selettivi, a seconda di chi sia la vittima e di come la sua morte possa essere usata nel discorso pubblico.
L’omicidio come realtà unica
Alla fine, l’omicidio resta uno solo: la morte di un essere umano per mano di un altro. Eppure, intorno a questo fatto universale, si costruiscono narrazioni che creano gerarchie di valore, giustificazioni o condanne a seconda delle convenienze politiche. Una propaganda rozza e insanguinata che continua a nutrire i signori della guerra e del potere.
Giordano Cotichelli

