Il 10 agosto 2000 nasceva la Legge 251. Un testo che agli infermieri prometteva riconoscimento, autonomia, carriera. Oggi, 25 anni dopo, i dati ci raccontano un’altra storia.
Una promessa scritta, mai mantenuta
Era l’agosto del 2000. In piena estate, tra una riforma e una crisi, veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 251.
Un punto di svolta: la prima norma a riconoscere ufficialmente l’autonomia e la responsabilità delle professioni sanitarie.
Fu accolta con entusiasmo, quasi come un atto riparatore. Finalmente si parlava di percorsi universitari, di ruoli specialistici, di progettualità avanzata.
Ma 25 anni dopo, a parlare davvero sono i numeri. E i numeri — quelli del 1° Rapporto sulle Professioni Infermieristiche FNOPI–Sant’Anna — raccontano un’altra realtà.
Autonomia: a chi conviene negarla?
La 251 riconosceva autonomia decisionale agli infermieri, ma i contesti organizzativi continuano a mantenerli subordinati. Non è un’opinione: è una scelta di sistema.
Secondo il Rapporto FNOPI–Sant’Anna, tra il 10% e il 45% degli infermieri valuta l'idea di cambiare professione.
Perché? Perché non si cresce. Perché non si viene ascoltati. Perché si viene spremuti.
Competenze avanzate: sempre in attesa di autorizzazione
La Legge 251 parlava di figure specialistiche, di carriere cliniche. E invece, nel 2025, il ruolo avanzato è ancora un miraggio regolato da linee guida fantasma.
Nel frattempo, i cittadini chiedono più infermieri sul territorio, nei consultori, nell’emergenza-urgenza, nella cronicità.
Eppure, in media, in Italia abbiamo 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 8,4. In regioni come la Sicilia o la Campania si scende addirittura sotto i 5 per 1.000.
Come si può parlare di “modello territoriale” se mancano le basi umane per costruirlo?
Retribuzioni: professionisti pagati come esecutori
Nel 2023, secondo i dati raccolti dal Rapporto:
- lo stipendio medio annuo di un infermiere italiano è 32.400 euro lordi
- contro una media OCSE di quasi 40.000 euro.
Ma la disparità interna è ancora più imbarazzante: si va dai 27.000 euro in Campania e Molise ai 37.000 euro in Trentino-Alto Adige.
Un divario che tradisce non solo diseguaglianze economiche, ma una gerarchia culturale mai davvero superata.
Eppure resistiamo (e studiamo)
Nonostante tutto, la professione cresce:
- aumentano gli accessi ai corsi di laurea magistrale
- crescono i docenti in area infermieristica (erano 35 nel 2014, 83 nel 2024)
- l’occupazione post-laurea è tra le più alte del comparto sanitario
E questo nonostante l’assenza di una vera cabina di regia, di un piano nazionale, di una visione che valorizzi davvero il potenziale della professione infermieristica.
Verso una nuova 251
La 251 fu una legge giusta. Ma incompleta. Non si tratta di cancellarla, ma di riscriverla nel tempo presente.
Una legge nuova, che:
- superi il binomio medico/infermiere
- valorizzi la presa in carico, non solo l’esecuzione
- crei davvero ruoli specialistici con retribuzione e responsabilità coerenti
- elimini i divari regionali
- riconosca la dignità e non solo il “servizio”
25 anni dopo: diamoci un verso
Non è il momento di celebrare. È il momento di scegliere se continuare a raccontarci che “qualcosa è stato fatto” — o se pretendere finalmente tutto ciò che è stato promesso.
La Legge 251 è diventata adulta. Ora tocca a noi farla diventare reale.
Il tempo della retorica è finito. È il tempo della dignità.