“Non puoi evitare di trascorrere un solo giorno senza avere un impatto sul mondo intorno a te. Le tue azioni possono fare la differenza e perciò devi decidere quale tipo di differenza vuoi rappresentare”. Così Jane Goodall, etologa e antropologa inglese (1934-2025), che ha speso la sua vita nella ricerca sui primati, studiando il comportamento degli scimpanzé. Li riteneva esseri molto vicini, non solo biologicamente, considerandoli dotati di una personalità unica e di una storia individuale. “Se fisso uno scimpanzé negli occhi vedo un essere pensante, riflessivo, con una consapevolezza di sé, che ricambia il mio sguardo. Sento che mi immergo negli occhi di qualcuno che ha molto da insegnarmi”.
La vita dedicata alla ricerca e alla natura
La vicinanza di Jane Goodall agli animali e alla natura l’ha portata a sostenere cause umanitarie e ambientaliste. È famosa anche per essersi impegnata con passione a promuovere un maggiore rispetto della biodiversità, sia dei popoli che degli animali. Insignita di numerose onorificenze per il suo straordinario lavoro come ricercatrice in Africa — tra cui Messaggero della Pace delle Nazioni Unite (2002) e Grande Ufficiale dellla Repubblica Italiana (2011) — è stata una voce per chi non ne ha. “Il minimo che posso fare è dare voce a tutti coloro che non hanno la capacità di parlare per difendersi”.
L’Earth Day e la difesa del Pianeta
È stata considerata un’eroina del nostro Pianeta. “Ogni giorno deve essere l'Earth Day per ricordare sempre come tutti siamo parte del mondo naturale che ci fornisce acqua, cibo e aria pulita. Trovo sconvolgente che la creatura più intelligente su questo pianeta stia distruggendo la sua unica casa”.
Goodall sottolineava l’armonia della vita nel mondo naturale rispetto alla disarmonia del mondo civilizzato, che riteneva causata da una sconnessione tra l’intelligenza della mente e l’amore e la compassione del cuore. “Solo quando testa e cuore lavorano in armonia, raggiungiamo il vero potenziale umano”.
Etica, compassione e rispetto per gli animali
Oltre alla responsabilità di salvare la Terra, Goodall riteneva fosse doveroso anche rispettare tutti gli esseri viventi, avendo per loro empatia e compassione. “Il rispetto rende tutti noi esseri umani migliori”, ammoniva, avvertendo come la crudeltà esercitata nei confronti degli animali finisca poi con il generarla anche verso gli uomini.
Ha inoltre sollevato la questione etica sull’utilizzo degli animali. “Più impariamo a conoscere la vera natura degli animali non umani, in particolare quelli con un cervello sviluppato e con un corrispondente comportamento sociale complesso, più preoccupazioni etiche sorgono riguardo il loro utilizzo al servizio dell'uomo: nell'intrattenimento, come animali domestici, nell'industria alimentare, nei laboratori di ricerca o in qualunque altro uso a cui li abbiamo assoggettati”.
Dolore, intelligenza e sentimenti nel regno animale
Con la sua ricerca, Goodall ha documentato come gli uomini non siano gli unici animali a vivere l’esperienza del dolore e della sofferenza. Spiegava che non esiste una linea retta tra l’animale uomo e il resto del regno animale, e che la paura in una scimmia, un cane o un maiale è vissuta in modo verosimilmente simile a quella umana. “Un giovane scimpanzé, dopo la morte della sua mamma, mostra un comportamento simile alla depressione che affligge i bambini: postura incurvata, dondolio, occhi offuscati fissi nel vuoto, perdita di interesse per quanto accade attorno a sé. Se un piccolo d’uomo può soffrire di dolore, così può soffrire un giovane scimpanzé”.
Allo stesso modo, spiegava, giovani animali — umani o di altre specie — mostrano comportamenti simili quando sono ben nutriti e sicuri. “Sono vivaci, saltellano, fanno piroette, rimbalzano, fanno capriole tanto che è difficile non credere che non provino sentimenti molto simili. Essi sono, in altre parole, pieni di gioia di vivere. Sono felici”.
Secondo Goodall, è evidente quanto gli animali siano dotati di un’intelligenza sociale, di una mente pensante, di emozioni complesse e di qualità raffinate come l’amore, la compassione e il sacrificio di sé.
L’eredità umana e la speranza
“Noi esseri umani siamo creature straordinarie, ma non è importante il modo in cui lo siamo diventati. L'evoluzione non ha senso se non siamo capaci di fare grandi cose con ciò che siamo ora. Non importa chi sei, dunque, ma cosa sei in grado di fare”.
Goodall riteneva che il successo evolutivo che ci caratterizza serve a qualcosa solo se siamo in grado di rendere il mondo un posto migliore, più nobile e rispettoso nei confronti delle altre specie. Nel frattempo, fintanto che l’uomo non compirà pienamente questo nuovo passo evolutivo verso l’armonia con il mondo naturale, “l’unico modo per andare avanti – ripeteva – è tenere alta la speranza anche nei momenti peggiori”.

