Non è in alcun luogo chi si trova dappertutto

Scritto il 06/08/2025
da Marco Vaccaretti


“Non è in alcun luogo chi si trova dappertutto” - Lucio Anneo Seneca

La frammentazione dell’essere e l’illusione del fare

In quante attività hai frammentato te stesso? In quale moltitudine di contesti ti sei disarticolato? In quante cose hai disperso il tuo bene più prezioso: la tua presenza? Prova a pensarci. La quantità di cose da fare ti mette a disagio. Ogni centimetro della tua agenda è colmo di impegni, di esperienze da provare, abitudini da mantenere, competenze da sviluppare, cose da vedere, da ascoltare, vita da consumare.

Ogni sua pagina trasuda produttività, performance, desiderio di crescita, di successo. Non ti rendi conto che una produttività siffatta sacrifica la qualità dell’esperienza per la quantità dei risultati?

Siamo accumulatori di esperienze da mettere in vetrina, curriculum o feed con due gambe che corrono di qua e di là e poco altro. Arrivare, ottenere, sono le parole d’ordine. Il mondo ti indica, ammiccando, il dappertutto a cui devi tendere. L’esterno guida l’interno. Hai il lavoro, lo studio, lo sport, l’hobby, la serata da passare con altri. Non ti concedi la sana libertà di non avere niente in programma, di stare nel vuoto con il tuo vuoto.

La voce della coscienza - che chiede silenzio, raccoglimento, non-programmazione - emerge solo di tanto in tanto, spesso tra un’attività e l’altra, ma tu la lasci inascoltata, sommersa, annegata.

Anche quando la frenesia delle incombenze si calma per un po’ trascorri il tuo tempo nella distrazione - forse incastrato in uno scrolling perpetuo, magari abbandonato su una serie tv - anziché da solo con te stesso o in vera compagnia di coloro che ti sono più vicini e che dici di amare. Sei sempre vomitato fuori dal tuo centro, rivolto altrove, fuori casa. Ti trovi così un po’ dappertutto e perciò non sei davvero in nessun luogo.

Prendere coscienza dei propri limiti

Accorgiti che sei limitato: nello spazio, nel tempo ma anche nelle energie, nelle caratteristiche, nella volontà. Allora prendi coscienza della tua misura. Non puoi essere tutto, non puoi fare tutto. Quindi: di tutto ciò che riempie la tua giornata, la tua settimana, a cosa puoi rinunciare? Cosa puoi ridimensionare, farlo una volta anziché tre, mezz’ora invece di due, o cinque? Cosa di ciò che fai è più affine a ciò che puoi considerare te stesso? Cosa invece di ciò che continui a fare ti è alieno, distante?

Lo spazio per ascoltarsi: la riflessione come pratica

E allora tu mi dirai: “non posso rinunciare a nulla, tutto è importante, necessario, urgente così com’è!”. Una tale risposta rivela soltanto che non hai chiaro ciò che è davvero rilevante per te, cosa per te è significativo: essenzialmente vuol dire che non hai ben chiaro chi tu sia. E uno dei motivi è perché non stai dedicando tempo allo scandaglio di quello che porti dentro, all’ascolto di quello che emerge al contatto con le tante esperienze che vivi durante la tua giornata. Non puoi farlo durante l’azione, nel Fare.

Devi ritagliarti del tempo per ri-vivere, per ripensare a quanto vissuto dopo averlo vissuto. Ma non un tempo incastonato nella frenesia delle mille cose che hai da fare, ma un tempo che necessita di una certa quantità di distensione, di vuoto attorno. E questo lo si raggiunge modificando radicalmente il proprio approccio alla costruzione di una routine - rimuovendo, emendando, con un atteggiamento più minimalista - e non aggiungendo un’ennesima attività da fare applicandogli sopra l’etichetta “momento di riflessione”, mantenendo quindi un atteggiamento massimalista.

Semplificare per tornare a casa

Per essere davvero da qualche parte dobbiamo rinunciare alla voglia di essere dappertutto. Dobbiamo emanciparci da una sorta di FOMO (“Fear Of Missing Out”) esistenziale, riconoscere che la vita è un costante e inevitabile “tagliare fuori”, uno scegliere legato al rinunciare, un essere legato al non essere.

Tu sei fatto in un determinato modo, hai delle caratteristiche, delle tendenze, una volontà (che è diversa dalla voglia) e non puoi averne altre. Sei e quindi non puoi essere. E a questo essere, a questo tuo modo, devi conformare il tuo agire, il tuo fare, il tuo “ordinare la giornata” e quindi la tua vita. In un movimento che va dall’interno verso l’esterno.

Questo Essere è il tuo luogo: che ne dici di tornare a casa?