Gen dai piedi nudi, il bambino sopravvissuto tra gli hibaku Jumoku

Scritto il 09/08/2025
da Monica Vaccaretti


Il 9 agosto, tre giorni dopo la prima volta, tornò l'apocalisse sull'arcipelago del Giappone. Per piegare l'ostinata resistenza del Paese del Sol Levante e costringerlo alla resa ponendo così fine alla Seconda Guerra Mondiale, il presidente Truman autorizzò la replica del più grande crimine nella storia contro l'umanità. A Nagasaki la bomba sganciata alle 11.02 fu al plutonio e molto più distruttiva. “Fat Man” aveva una potenza di 21 mila tonnellate di tritolo. Sei chilometri quadrati furono rasi al suolo ed altre 74 mila persone scomparvero in un boato accecante. Alcuni alberi, a differenza degli uomini, sopravvissero. Forse per il terreno che copriva le radici e parte del tronco, queste piante furono protette dapprima dal calore intenso e poi dalle radiazioni.

Il bambino di Hiroshima

Tre giorni prima, Gen Nakaoka, un bambino di sei anni, si trovava nel cortile della sua scuola, ad Hiroshima. Sopra la sua testa il cielo era ancora di un azzurro rassicurante, c'era solo una scia bianca d'aereo. Poi Little Boy, il primo ordigno atomico all'uranio, esplose come un secondo sole, a seicento metri da terra dopo un volo nel vuoto.

Enola Gay, il bombardiere americano B-29, lo aveva sganciato soltanto 43 secondi prima. Alle 8.15 la vita del mondo di prima finì in un lampo blu e in un tuono, innaturali. L'aria si incendiò a 5 mila gradi centigradi. Delle 80 mila persone che si trovavano entro un chilometro dall'epicentro dell'esplosione, restarono solo ombre sull'asfalto.

Gen sopravvisse al flash atomico, si trovava fuori dal perimetro della devastazione totale, ma perse tutto. Casa, famiglia, salute. Diventò un “orfano dell'atomica” ed iniziò il suo calvario vagando nella città rasa al suolo, tra fame e lutti, macerie e piaghe, radiazioni ed orrori.

La natura che resiste e accompagna

Ma la primavera successiva il salice piangente, che si trovava vicino al punto esatto in cui esplose Little Boy, riprese a germogliare. Altre piante - come il caco, l'eucalipto e il Ginkgo Biloba, già noto per la sua capacità di resistere a condizioni estreme - sopravvissero come Gen all'atomica, accompagnando la sua resilienza e quella degli altri superstiti umani.

Donando loro ombra con foglie nuove, queste piante soprannominate Hibaku Jumoku divennero il simbolo della rinascita e della rivincita della natura sulla follia dell'uomo. Quando Gen si accorse che anche i suoi capelli stavano ricrescendo, così come il grano piantato sui resti bruciati della sua casa, sentì rifiorire la speranza per il futuro.

Un racconto universale

La storia di Gen, che si svolge nell'arco di tre anni dalla tragedia, è raccontata nel manga “Hadashi no Gen” (Gen dai piedi nudi), pubblicato in Giappone in dieci volumi tra il 1973 e il 1987 (in Italia da Panini Comics) e tradotto in due film d'animazione (anime) e in una miniserie televisiva. Il suo autore, Keiji Nakazawa, è un hibakusha, un sopravvissuto come Gen.

Il suo racconto autobiografico è un drammatico documentario della tragedia atomica narrato attraverso gli occhi di un bambino. Si tratta di un resoconto crudo e duro, che sconvolge profondamente anche se in versione cartone animato.

“È qualcosa di prezioso e terribile, disgustoso ma incoraggiante, perché è la dimostrazione della caparbietà dell'essere umano e della sua voglia di affrontare l'orrore a testa alta, ripudiando l'idea di rispondere all'odio con altro odio”. Così Akihiro Takahashi, ex direttore del Peace Memorial Museum di Hiroshima, intervenendo alla Terza Conferenza internazionale per la messa al bando dell'uranio impoverito (Hiroshima, 2006) in rappresentanza dei sopravvissuti al bombardamento atomico.

“L'esplosione della bomba atomica è una macchia indelebile nella storia e nella coscienza dell'essere umano. È un atto osceno ed immorale, uno dei più grandi stermini di massa mai commessi dall'uomo, che è bene ricordare affinché avvenimenti del genere non debbano mai più accadere”, dichiarò testimoniando la sua forte esperienza umana.

Educare alla pace

La storia di Gen è diventata un classico della letteratura nipponica, oltre che della specifica corrente letteraria della bomba atomica nota come gembaku bungaku. Il fumetto è divulgato in ogni biblioteca scolastica e viene considerato un valido strumento didattico per promuovere l'educazione alla pace nelle giovani generazioni giapponesi. Lo scopo è insegnare ad ogni bambino l'orrore della guerra e degli ordigni atomici di cui i loro nonni e i loro genitori sono stati vittime.

L’eredità vivente degli Hibaku Jumoku

Sono passati soltanto ottant'anni. Il minuto di silenzio che si osserva ogni 6 e 9 agosto in Giappone è ancora carico di straziante dolore. L'epitaffio sulla lapide dei martiri dell'olocausto nucleare, nel monumento a loro dedicato ad Hiroshima, recita: “Riposate in pace perché noi non ripeteremo l'errore”. La speranza resta per tutti quella di rendere il mondo un posto migliore.

Intanto i semi degli Hibaku Jumoku originali del 1945, raccolti e piantati in varie località del Giappone, sono stati spediti in giro per il mondo per portare ovunque un messaggio di pace. Alcuni Hibaku Jumoku, nati da una delle piante di Nagasaki, sono cresciuti anche in Italia, ad Arezzo e nel Parco della Pace di Vicenza. Essi sono la testimonianza vivente che ogni tragedia umana, anche quella più grande e provocata dall'uomo, può essere superata grazie alla forza della natura e del cuore umano, che ritrova la ragione.

Nel ground zero una targa sul tronco identifica questi alberi bombardati ed esposti alle radiazioni nucleari. Essi, che ancora presentano segni visibili di quei due giorni infausti, ci ricordano, allo stormire delle loro fronde rigenerate, quanto sia grande l'attaccamento alla vita.