Leggendo il manifesto di Zirlo.it, la parola “Cura” richiama ricordi remoti di studi liceali. Emerge nella mente l’immagine di una foto, in bianco e nero con i bordi ingialliti: “La Cattedrale” di Auguste Rodin, scultore parigino di fine ‘800. Colpisce l’estrema modernità dell’artista, la sua capacità di valorizzare le imperfezioni della materia per rappresentare e dare forma alle emozioni, scrutare le loro più profonde sfumature.
Rodin e "La Cattedrale"
L’opera ritrae due mani destre, forse di un uomo e di una donna, nell’atto intimo di sfiorarsi, toccarsi, intrecciarsi. L’una sembra voler avvolgere l’altra con delicatezza, senza chiusura, senza tensioni; si percepisce un movimento circolare, avvolgente, lento come a voler sottolineare che per la cura e per i gesti d’amore e di accudimento occorra l’intensità della lentezza.
Il valore del tocco e dei gesti
Il tocco appena percettibile suggerisce come quel gesto sia lo strumento, oltre che dell’amore e dell’affetto, anche dell’accudimento: le mani agiscono la Cura.
Toccare, sfiorare, accarezzare, avvolgere, riscaldare sono tutti gesti che vengono veicolati dalle nostre mani e che esprimono ciò che le parole non riescono ad esprimere; le mani conducono le emozioni, rafforzano il senso delle parole, ne sottolineano la forza e il “colore”, traducono i silenzi in sussurri, in parole che curano, che danno sollievo.
Ogni gesto di accudimento, protezione e consolazione è agito dalle nostre mani: una madre che sfiora il proprio bimbo intento a imparare il mondo, un vecchio che accarezza delicatamente il viso del nipotino, un’infermiera che si accinge a medicare una ferita. Quanti gesti di cura si consumano nelle corsie degli ospedali e quanto sono di conforto e sicurezza per la persona ammalata: seppur mirati alla cura del corpo, diventano rifugio e rassicurazione se accompagnati da gentilezza ed empatia.
Le mani come spazio intimo e sacro
La posizione delle mani nell’opera di Rodin sembra disegnare uno spazio intimo, un rifugio da custodire con cura, come una nicchia pronta ad accogliere il bene più prezioso che quella relazione può contenere: un figlio, l’altro, la famiglia, l’amicizia, la vita stessa.
Il titolo originario dell’opera era “Arca dell’Alleanza”, poi mutato in “La Cattedrale”. In entrambi i casi, l’intenzione dell’autore era probabilmente quella di evidenziare la sacralità del gesto: ogni manifestazione d’amore, di cura o di accudimento è infatti un atto sacro, nella accezione più laica del termine, ovvero qualcosa di inviolabile, da custodire e proteggere con rispetto, dedizione e cura.
Le due mani non suggeriscono affatto l’atto di una preghiera ma un movimento che eleva verso l’alto, come a sussurrare l’invito alla contemplazione; a sollevare lo sguardo verso qualcosa di estremamente spirituale ma allo stesso tempo profondamente umano. Oltre ad elevarsi verso l’alto, le due mani si guardano: è uno sguardo di amore, affetto e attenzione verso l’altro — esserci.
Cura e responsabilità: riflessioni pedagogiche
Esprime bene il concetto di cura la pedagogista Luigina Mortari (Aver cura di sé, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2019):
“Noi siamo esseri intimamente relazionali. È l’essenza relazionale della condizione umana che obbliga l’aver cura della vita a qualificarsi non solo come cura di sé ma anche come cura per gli altri e per il mondo. Lèvinas definisce il rispondere a questa chiamata all’altro come ‘altrimenti che essere’, per indicare il gesto di responsabilità di voltarsi all’altro”.
Ed è questa responsabilità che dobbiamo assumere: arrendersi alla consapevolezza che la cura è la capacità di raccogliere la vita e averne cura per sé stessi e per gli altri. Se questo non accade, se rimandiamo questa assunzione di responsabilità, se non siamo consapevoli che la cura orienta il nostro agire come persone, le nostre mani, così come le parole, possono diventare armi, possono ferire; i gesti possono scaturire dall’odio, dalla rabbia, essere distruttivi.
La scelta della cura e della gentilezza
Questa meravigliosa opera di Rodin ci ricorda che possiamo scegliere; possiamo tendere alla bellezza, possiamo tendere alla ricerca della cura e della gentilezza.