Alle ore 13.00 dell’11 agosto 2024 si svolse a Parigi una gara molto intensa che in molti ricorderanno: era la finale del torneo di pallavolo femminile, dove la squadra azzurra vinse con un netto 3-0 (25-18, 25-20, 25-17) contro la squadra statunitense conquistando così una storica medaglia d’oro, l’ultima delle 12 medaglie d’oro che l’Italia conquistò nella XXXIII Olimpiade.
Il percorso olimpico
Dopo aver spazzato via nei quarti la Serbia e in semifinale la Turchia con due netti 3-0, la finale fu la consacrazione. Si trattò di una medaglia storica per la squadra di pallavolo femminile perché dal 1964 (anno in cui la pallavolo fu ammessa come sport olimpico) non era mai riuscita a salire sul podio, nonostante le azzurre avessero vinto i campionati del mondo in Germania nel 2002, oltre ad aver ottenuto un secondo posto in Giappone nel 2018 e un terzo posto nel 2022 in Polonia.
In Thailandia si stanno svolgendo — dal 22 agosto al 7 settembre 2025 — i Campionati del Mondo, dove le campionesse olimpiche rientrano tra le favorite.
Le campionesse azzurre
La squadra è composta da giocatrici molto forti e ormai ben conosciute dal pubblico, quali Paola Egonu, Myriam Sylla, Sarah Fahr, Monica De Gennaro, Alessia Orro, Anna Danesi, Ekaterina Antropova e Stella Nervini, la più giovane del gruppo.
Julio Velasco: allenatore, leader e filosofo
Il fulcro di questa squadra è Julio Velasco, il settantatreenne allenatore argentino, che vanta una carriera straordinaria. Basta ricordare quanto vinto con la nazionale italiana di pallavolo maschile: due Mondiali, tre Europei e cinque World League.
Approdato nel 2023 come allenatore della squadra femminile, ha vinto, oltre all’Olimpiade 2024, anche la Nations League nel 2024 e nel 2025. Ad oggi, la squadra ha una striscia record di ben 33 vittorie consecutive (in attesa di giocare mercoledì 3 settembre i quarti di finale).
Velasco va oltre il ruolo di allenatore: è motivatore e spesso anche filosofo. Ha sempre espresso concetti che valorizzano il lavoro di squadra e l’assunzione di responsabilità, senza cadere nella tentazione di cercare un colpevole.
«L’attaccante schiaccia fuori perché la palla non è alzata bene. A sua volta l’alzatore non è stato preciso per colpa della ricezione. A questo punto i ricettori si girano a guardare su chi scaricare la responsabilità. Ma non possono chiedere all’avversario di battere facile, di modo da ricevere bene. Così dicono di esser stati accecati dal faretto sul soffitto, collocato dall’elettricista in un punto sbagliato. In pratica, se perdiamo è colpa dell’elettricista».
Lezioni di vita oltre lo sport
Guardiamoci dentro anche noi e pensiamo a quante volte cerchiamo di dare la colpa ad altri, sino ad arrivare all’“elettricista di turno”, pur di non ammettere di aver giocato male le nostre carte o comunque di non volerci assumere le nostre responsabilità.
Questo vale anche in politica: quale governo non scarica la colpa dei problemi attuali su quello precedente e poi ancora su quello che c’era prima, sino davvero — in casi disperati — a cercare l’elettricista di turno? Come dice Velasco, i giocatori vincenti sono quelli che trovano soluzioni, mentre i giocatori perdenti cercano alibi.
Importante infine è la fermezza e l’imparzialità che deve avere un leader:
«Il leader deve essere giusto. Pensiamo ai professori che abbiamo avuto a scuola. Ci sono stati professori esigenti, duri, che non perdonavano. E noi protestavamo, gli parlavamo dietro, ma mai con odio. Perché erano duri con tutti. Odiavamo quelli che avevano le preferenze, quelli ingiusti».
Questa massima di Velasco dovrebbe essere calata nella vita quotidiana: il vero leader, sia politico che imprenditore, è colui che oltre ad avere talento e carisma è fermo e non soggetto a preferenze.
Anche in questo caso, lo sport ha molto da insegnarci, soprattutto quando tra i professori c’è uno come il Signor Julio Velasco.