La salute materna e neonatale di Gaza è al collasso. È un disastro silenzioso quello delle donne e dei neonati palestinesi, ma il quadro che emerge da un recente report sul campo fornito dal Ministero della Salute palestinese è drammatico. Nei primi sei mesi del 2025 sono nati vivi soltanto 17 mila bimbi, con un calo significativo del 41% rispetto al 2022.
Oltre alle gravidanze portate a termine nonostante le pessime condizioni ambientali e di vita, 2600 gravidanze si sono concluse con un aborto spontaneo, 220 hanno causato morti fetali intrauterine e 21 neonati sono morti entro 24 ore. Si registrano altresì parti prematuri, malformazioni congenite e basso peso alla nascita. Sono condizioni diventate purtroppo all'ordine del giorno poiché le madri incinte affrontano malnutrizione e ripetuti e continui sfollamenti.
Vivono in tendopoli dove l'acqua scarseggia e i servizi igienici sono rudimentali. Non hanno un apporto calorico sufficiente, la carestia dilaga. Invece di visite prenatali, le donne incinte fanno la fila per i generi alimentari di base nei centri di distribuzione degli aiuti, gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation sostenuta dagli Stati Uniti. Rischiano di essere colpite dall'Idf, l'esercito israeliano. Percorrono altresì a piedi chilometri durante il travaglio perché il carburante non è più accessibile.
Denunce degli operatori sanitari
Alla luce di questa fotografia allarmante, alcuni operatori sanitari palestinesi, autori di un articolo pubblicato su The Lancet, denunciano le gravi carenze cliniche verso donne e bambini nella Striscia durante l'assedio, sottolineando come siano ulteriormente peggiorate dall'ottobre 2023. Chiedendo altresì un'azione internazionale a sostegno della maternità e a tutela dei bambini, i ricercatori si interrogano tuttavia se Gaza sia ancora un posto adatto alla vita neonatale.
Emergenza tagli cesarei e infezioni
I ricercatori denunciano inoltre un'ondata preoccupante di tagli cesarei d'urgenza, a causa di traumi e travaglio ostruito, che le sale operatorie non riescono a gestire pur essendo aperte 24 ore su 24. C'è altresì un rischio elevato di infezioni nelle partorienti perché le donne in travaglio precoce spesso condividono i letti. E in un'incubatrice ci stanno cinque neonati che lottano per la vita. Dopo il parto, le madri vengono dimesse entro poche ore per liberare spazio.
Non ci sono analgesici e il flusso di ossigeno è sporadico, l'alimentazione centrale si interrompe spesso così che i neonati prematuri muoiono dopo ore di ventilazione manuale. I neonati vengono visitati ai piedi del tavolo operatorio perché non c'è una sala risveglio calda. Viene segnalato infine che i letti di terapia intensiva in altri ospedali sono raggiungibili solo attraverso corridoi notturni insicuri che le ambulanze attraversano senza contatto radio. La rete telefonica ospedaliera è inattiva e le comunicazioni di routine dipendono da telefoni cellulari privati.
Lo studio trasversale del 2024
Uno studio trasversale condotto dai ricercatori sui parti in tre importanti centri ostetrici di Gaza tra la fine di ottobre e novembre 2024 ha documentato gravi deprivazioni ed interruzioni delle cure. L'alimentazione risulta insufficiente per il 63% delle gravide e la diversità alimentare è scarsa per il 74% di loro.
Il 50% delle pazienti ha sviluppato anemia materna e il 90% ha sperimentato uno stress da moderato ad elevato. Inoltre solo il 37% delle donne in attesa ha soddisfatto lo standard dell'OMS di otto visite prenatali e solo il 58% ha iniziato le cure durante il primo trimestre di gravidanza. Il 10,8% dei neonati ha un basso peso alla nascita, significativamente inferiore nella zona meridionale della Striscia più sfollata. Gli esiti neonatali sono caratterizzati da un peso mediano alla nascita di 3,1 g. Tali statistiche sono confermate anche da team medici internazionali.
Il blocco e le sue conseguenze
Gli autori denunciano pertanto quanto sia diventata ormai sistematica la prevenzione delle nascite attraverso la privazione del cibo, del carburante e delle cure ostetriche e di come ciò sia la conseguenza di un blocco sempre più duro, nonostante ciò rappresenti una evidente violazione del diritto umanitario internazionale.
Ritengono non sia accettabile un futuro in cui sia negoziabile la sopravvivenza di un'intera popolazione. Chiedono quindi che la comunità sanitaria internazionale insista per garantire corridoi senza ostacoli, sia per il cibo e il carburante ma anche per le forniture ostetriche.
“La storia ricorderà se il mondo ha scelto di preservare la vita palestinese e fermare questo genocidio. Le madri di Gaza non possono aspettare un momento più opportuno per rivendicare il loro diritto a partorire in sicurezza”.